Lo avevo accennato qualche settimana fa, e venerdì scorso ho tenuto il workshop “Data Web Marketing” a SMAU alle 16.30, come da previsione, il giorno dello sciopero dei trasporti: un cattivo presagio, che però non ha limitato la presenza fisica delle persone, anzi. Una partecipazione ben oltre le mie aspettative. Che non si è limitata all’ora dell’intervento, ma si è protratta fino alle 18, con una decina di persone rimaste oltre l’ora e mezza. Di venerdì sera. Notevole.
Ma questa considerazione si può fare per tutti i workshop IWA in effetti: SMAU 2009 si può riassumere così, tanta voglia di formazione e di confronto. Se ne parlava anche di interventi diversi, oltre a quelli di IWA, anche con Massimo Melica, tra gli altri.
Avviso: questo è un post lunghetto, e parla di quello che sta accadendo a cavallo dell’economia della conoscenza e della voglia della Rete di raccontarsi nel cambiamento in atto. Della crisi di modelli mentali di approccio al lavoro, e di eretici digitali. Di manifesti e di voglia di trasparenza, di etica, di nuovi racconti più vicini alla gente, ben oltre le tradizionali ideologie di massa e per la massa. In cui non so davvero chi si riconosca più. Un primo tentativo di fornire un quadro d’insieme di elementi successi negli ultimi mesi. Nessuna fretta quindi nel leggerlo. E magari un po’ caotico: spunti sui punti oscuri ben accetti, ovviamente.
Questi i punti chiave toccati:
- Manifesti ed Eretici digitali: un confronto costruttivo
- Manifesti, manifesti e manifesti: ne nascono tanti, o sbaglio?
- Spunti dall’offline di contaminazione digitale
- Perchè serve stare attenti a quello che accade tra economia e conoscenza
- Segnali di scontri: le eresie si ampliano forse
- Spunti sulle tecnologie a supporto dei manifesti, per scombinare un po’ di carte nel mazzo
Manifesti ed Eretici digitali: un confronto costruttivo
Partiamo.
Era febbraio quando Luca De biase ha scritto questo bellissimo post sull’economia della disattenzione:
-> Ecologia della disattenzione
Se vogliamo davvero capirci qualcosa, anche di cosa sta accedendo a livello mediatico in questo 2009 in Italia, ne consiglio la lettura. E’ altrettanto lungo, ma fondamentale, e ne prendo in particolare un passaggio:
Continua a leggereNell’economia della conoscenza, il valore si concentra nello sfuggente territorio delle idee: informazione, immagine, senso… Si compra, si produce, si desidera il significato che si legge nei prodotti molto più di quanto non si compri, non si produca e non si desideri la materia della quale quei prodotti sono fatti.
Nella scienza economica, questa trasformazione ridefinisce il perimetro di indagine: si ricuce lo strappo positivista, per esempio suggerito dall’opera di Lionel Robbins, che aveva imposto di escludere dalla ricerca il tema della compatibilità e della comprensione dei fini, obbligando gli studiosi a concentrarsi solo sulla questione della scelta e della moltiplicazione infinita dei mezzi. Questa nuova consapevolezza abbatte le vecchie barriere che separavano l’economia dalle altre scienze sociali, dalla psicologia all’antropologia, dalla storia alla geografia. Perché se il valore è nel senso generato da chi produce e riconosciuto da chi acquista, allora, teoricamente, il baricento della questione economica si sposta dal mondo del capitale a quello della persona. E alla dinamica della competizione si affianca, profondamente, la dinamica della collaborazione.
Le conseguenze sono concettualmente rilevantissime. La smaterializzazione dell’economia post-industriale e l’avvento dell’economia della conoscenza implicano una grande trasformazione nelle forme della proprietà, dell’organizzazione produttiva, del rapporto tra pubblico e privato. Cambiano il concetto di scarsità, che non si applica più soltanto ai mezzi, ma anche alle molteplici dimensioni della relazione umana: fiducia, attenzione, comprensione. Il prezzo si determina tanto nella conversazione quanto nella contrattazione. L’elaborazione di una visione diviene la questione strategica dell’azienda, il laboratorio di ricerca - con l’incertezza dei suoi risultati - entra a far parte integrante del processo produttivo, la tecnologia cessa di essere il limite del possibile per trasformarsi nel suo costante superamento. Il design diventa progettazione e racconto, i media diventano distribuzione e conversazione, gli autori diventano generatori di valore e di motivi di connessione tra le persone. I fruitori e i produttori tendono in molti casi a coincidere. E la complessità prende il posto della linearità: perché nella smaterializzazione della produzione, la cultura diventa il luogo dell’economia, molto più di quanto non lo sia la fabbrica, il mercato o l’ufficio.
[…]
La strategia tradizionale dell’economia industriale prevedeva che un messaggio dovesse essere colto dal target cui era rivolto. Per ottenere questo risultato, si cercava di ottenere l’attenzione delle persone e le si «colpiva» con il messaggio che avrebbe dovuto indurre a comportamenti coerenti con gli obiettivi dei produttori del messaggio stesso. Oggi, appare evidente, che molti comportamenti dei consumatori possono essere invece indirizzati anche con una strategia opposta. Come insegnano le ricerche di Daniel Kahneman e altri, i comportamenti sono molto più spesso dettati dall’intuizione che dal ragionamento. E poiché il ragionamento richiede molta più attenzione dell’intuizione, se ne può trarre la conseguenza che la disattenzione può essere una condizione ideale per favorire certi comportamenti consumisti. Al limite si può supporre che proprio facendo leva sull’information overload, e anzi alimentando la sovrabbondanza di messaggi con ogni genere di mezzo, si può ottenere un risultato piuttosto efficace dal punto di vista della comunicazione. Quando si agisce per intuizione, in effetti, si sceglie in base alla prima idea che viene in mente. Se un’idea, un messaggio, viene ripetuto in modo molto insistente attraverso molti mezzi e in modo coordinato, tende a diventare, per molte persone, appunto, «la prima idea che viene in mente». E ad essa si tende a ricorrere tanto più spesso quanto più si vive in una condizione generale di information overload e dunque di disattenzione, che sfavorisce il ragionamento e favorisce l’intuizione.La sensazione di incertezza generale che deriva dalla sovrabbondanza di messaggi, intesa sia come moltiplicazione quantitativa delle informazioni sia come mancanza di un racconto sintetico che aiuti a interpretarne l’insieme, che può portare all’inazione, dunque a comportamenti depressi e orientati a ridurre i consumi di fronte all’ansia della scelta, può essere dunque calmierata da una strategia fondata sulla ripetizione di messaggi semplici capaci di installarsi nelle menti e indurre a comportamenti stereotipati, basati sull’intuizione che emerge nella disattenzione. Il rischio di questa strategia è quello di lanciare un’escalation di messaggi ripetuti che a loro volta moltiplicano gli effetti dell’information overload. Si può parlare a questo punto di inquinamento dell’ecosistema dell’informazione.
Sono stato a SMAU Padova, soprattutto per vedere cosa veniva detto da IWA e i relativi workshop ( grandi come sempre e sempre più attivi, me compreso per aiutare il passaggio di informazioni e di contenuti dalla Rete al mondo offline ), e perchè non ero mai stato ancora ad una tappa dello SMAU itinerante. Avevo letto dello SMAU Unpacking e ne avevo espresso la dubbia utilità, è vero, nel post precedente. Pero’, come sempre, la realtà è assai più variegata di quello che si pensa.
Inizio con una rettifica: il sito smau.it sta iniziando a memorizzare sè stesso, grazie all’uso dei sottodomini delle varie location, bisognerà vedere se si mantengano anche le varie edizioni annuali. In pratica smau.it cambia dinamicamente a seconda dell’evolversi del tempo, e le varie tappe cadono sui sottodomini tipo padova.smau.it e via dicendo…
SMAU è in ogni caso una fiera in crisi, e questo è noto: ma forse sta rinascendo su basi solide, l’unica modalità che possa coesistere con un mondo ICT che si informa sempre più con la Rete, e con i social media. Alcuni punti da focalizzare:
- la Rete e le sue dinamiche stanno arrivando al mondo professionale, attraverso i canali istituzionali ed i canali attraverso cui tale mondo business è abituato a dare autorevolezza, tipo le fiere ed eventi locali patrocinati da Confindustria o similari. SMAU rientra perfettamente in questa dimensione autorevole di collante di mondi e di ecosistemi. Se certe cose sono arrivate anche a SMAU, allora è possibile essere fiduciosi.
- lo sfarzo e quel marketing di pura fuffa ed immagine con niente dietro sta sparendo, complice anche la crisi. Occorre pesare ogni tipo di costo superfluo: nessuna modella, nessun effetto pirotecnico in fiera, ma solo workshop e piccoli stand dove creare relazioni. Cosa serve di più?
- la Rete come piattaforma sociale a bassissimo costo e che perdura nel tempo sta facendo breccia nelle menti degli imprenditori: complice la crisi, stanno comprendendo che è un luogo e non più solo un canale dove tutto permane a costo zero. Dal depliant al portale, ed oggi alla idea di community. Ben oltre una questione puramente tecnologica, grazie anche alle commodity tecnologiche sulle piattaforme a disposizione da usare ( sia i motori open source di social networking, sia i servizi tipicamente web2.0 che abbattono i costi di implementazione ).
Il fatto che due organismi accademici e professionali, quali la School of Management del Politecnico di Milano, ed IWA Italy, stiano diventando punti di riferimento dell’evento per formare il mondo business sulle dinamiche della Rete e su contenuti in quanto tali, è un segno dei tempi. Il mondo del Web2.0 che nel 2007 e nel 2008 ha iniziato a creare quei legami deboli in giro per l’Italia grazie al fenomeno dei barcamp, adesso sta diventando sempre più il protagonista nel passaggio della cultura della Rete verso il mondo business tradizionale, sfruttando gli eventi più classicamente istituzionali come SMAU, od eventi locali che portano i vantaggi di questo mondo anche nelle piccole realtà, come quello che sta accadendo in Veneto con la sigla Ecosistema2.0. E questo si comprende anche dalle parole di Pierantonio Macola, AD di Smau, intervistato proprio da IWA:
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