Non ho saputo non riprendere questo post del W3C, assolutamente fantastico!
-> Make your Data Web Friendly

La traduzione è grossolana, ma giusto per rendere l’idea, credo che basti.
Il testo parla da sè, non mi sento proprio di dover aggiungere qualcosa.
Io ci aggiungo i grassetti, almeno questo .)

A Web language is not only a markup language (be XML, SGML or binary). For example, JPEG is not a Web format, but a format used on the Web. A Web format has the capability to play into the Web, it has linking capabilities.

Un linguaggio Web non è solamente un linguaggio di markup ( come può essere XML, SGML o il formato binario ). Per esempio, JPEG non è solo un formato Web, ma è un formato usato nel Web. Un formato Web ha la capacità di giocare un ruolo nel Web, ha delle capacità di link, di collegamento.

The simple fact to be able from my Web site make a link to another Web site somewhere else on the network without having to go through a prior agreement is a major feature of the Web. It seems obvious now. It was not at the time it was designed. People created good Web sites, crap Web sites. Some sites have disappeared, some have changed their organization, such as it broke many links on the Web. This is part of the social process of using a technology. When a big enough community decides that this Web page other there contains good information, it will become a reference. There will be abuse, but like in any human communities.

Il semplice fatto di essere in grado di creare un link dal mio sito ad un altro sito Web posto in qualsiasi voglia punto della Rete senza dover chiedere un permesso preventivo a qualcuno è uno dei maggiori punti di forza del Web. Sembra talmente ovvio oggi. Non lo era quando è stato progettato. ( il Web ). Le persone creano buoni siti Web, o siti Web davvero brutti. Alcuni siti sono scomparsi, altri hanno cambiato la loro struttura, in modo da rompere molti dei links e dei collegamenti che rimandavano loro nel Web. Questo è il processo sociale nell’usare una tecnologia. Quando una comunità abbastanza grande decide che questa pagina Web contiene informazioni utili, questa diventa essa stessa un riferimento. Ci saranno abusi, ma come in una qualsiasi delle comunità umane.

The net result is that the Web became a very successful source of information.

People who are creating the Semantic Web technologies such as RDF and RDFa do not propose a perfect system. The goal is to have a system which is using the nature of the Web (links). RDFa is a proposition to make Web friendly your data in your Web pages (html). People will certainly abuse it. It will break here and there, but the net effect is the creation of a network of hyperlinked data. The value and trust about data will be created by the community usages and the social network. The technology is just the support.

L’effetto Rete è quello che rende il Web una fonte di informazioni davvero di successo.

Le persone che stanno creando le tecnologie del Semantic Web come RDF e RDFa non propongono un sistema perfetto. **Il fine è di avere un sistema che sfrutti la natura del Web ( i links ). RDFa è una proposta per inserire in modo trasparente i tuoi dati nelle tue pagine Web ( html). **Le persone sicuramente ne abuseranno. Ci saranno errori e spaccature qui e là, ma l’effetto Rete porterà alla creazione di un network di dati interconnessi. Il valore e la fiducia su tali dati emergeranno dagli utilizzi che ne saranno fatti da parte della comunità e dalla rete sociale globale. La tecnologia è solo il supporto, il mezzo.

Nemmeno da aggiungere che mi metto a studiare per bene RDFa, no? .)

Nei link inseriti in fondo al post ufficiale, ho scoperto pure Aurora, non male direi…

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Parliamo un po’ della Net Neutrality, tema a me caro e che ho spesso segnalato in passato.

Luca De Biase ne parla:

La neutralità della rete è la condizione della sua straordinaria capacità innovativa. La vogliono abolire: in Cina per paura del dissenso nei confronti del partito comunista e il America per paura del dissenso nei confronti della lobby del copyright. L’altro giorno c’è stata a Stanford una discussione importante. Come promemoria riporto due link utili.

In sostanza il problema è questo: ci sono le tecnologie per rallentare la velocità dei bit che arrivano ai singoli utenti in base al tipo di utilizzo che questi stanno facendo. Questo salda gli interessi dei telecomunicatori con quelli delle major del copyright che un tempo erano divergenti.

In sintesi: oggi il sistema e’ stupido e non sa cosa trasporta, domani la tecnologia puo’ rendere la Rete intelligente e quindi come oggi accade per i gestori di telefonia, sia essa mobile o voip, ogni rete sarebbe chiusa nei confronti delle altre, a livello di contenuti e di costi quindi per l’utente finale.
**
Ogni fornitore di accesso alla Rete potrebbe privilegiare il proprio contenuto e limitare il contenuto di altri**.

Un grandissimo passo indietro di oltre 30 anni, di fatto.
Visto che si viola uno dei principi fondanti della Rete stessa, anche a livello tecnico.

Si sta aggiungendo intelligenza alla semplice infrastruttura di trasporto dell’informazione, violando una delle basi di Internet.

Il principio dell’end-to-end.

First described by network architects Jerome Saltzer, David Clark, andDavid P. Reed in 1981, this principle—called the “end-to-end argument”(e2e)—guides network designers in developing protocols and applicationsfor the network.

End-to-end says to keep intelligence in a network at theends, or in the applications, leaving the network itself to be relativelysimple.There are many principles in the Internet’s design. This one is key. But itwill take some explaining to show why.

Network designers commonly distinguish computers at the “end” or“edge” of a network from computers within that network. The computers at the end of a network are the machines you use to access the network. (The machine you use to dial into the Internet, or your cell phone connecting toa wireless Web, is a computer at the edge of the network.) The computers“within” the network are the machines that establish the links to other computers—and thereby form the network itself. (The machines run by your Internet service provider, for example, could be computers within the network.)

The end-to-end argument says that rather than locating intelligence within the network, intelligence should be placed at the ends: computers within the network should perform only very simple functions that are needed by lots of different applications, while functions that are needed by only some applications should be performed at the edge. **Thus, complexity and intelligence in the network are pushed away from the network itself.

Simple networks, smart applications**.

Dal libro di Lawrence Lessig, “Il futuro delle idee”. Via Scribd.

In particolare un quadro chiaro su questi temi era emerso tempo fa grazie al mitico Quintarelli:
-> Wavecamp e Quintarelli: la Rete come mai l’avete vista…

Se ci aggiungiamo anche queste parole sempre dal caro Luca De Biase, inerente alla vendita di Iphone in Italia:

La soluzione trovata, secondo le indiscrezioni, è semplice. Nessun operatore ha acquistato un’esclusiva, dunque la Apple non ottiene la retrocessione di una parte del traffico generato con i suoi apparecchi e dunque il prezzo non sarà sussidiato. Peccato perché l’iPhone genera molto traffico. Ma evidentemente gli operatori italiani, Telecom in testa, non hanno ancora deciso di fare i carrier e proseguono nel tentativo di tenere per sé il valore dei contenuti (si sa che vogliono una quota di tutto o quasi quello che passa sulle loro reti e a maggior ragione non intendono cedere il loro traffico): è una logica che privilegia il margine sui volumi ma rallenta la crescita dell’ecosistema dell’internet in mobilità.

Il quadro via via piu’ chiaro.

Al di la’ della trattativa sull’Iphone, emerge chiaramente l’idea dei giardini chiusi dei contenuti tra operatori che in Italia siamo cosi’ bravi a continuare a creare, e a mantenere nel tempo.

Sara’ una questione di digital divide, e quindi di cultural divide, che tanto ci va bene cosi’. Forse.
Ma si stanno toccando le manopole del futuro dell’innovazione, girandole all’indietro.

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Un post breve, stavolta, per sottolineare qualcosa che ha fatto giustamente emergere il caro Antonio Tombolini:
-> Odiare Facebook

Ora basta. All’inizio pensavo che i miei fossero pregiudizi: mi sembrava uno strumento contro-natura, rispetto alla natura della rete, intendo. Il tentativo in definitiva violento di voler ridurre la rete a sé, o se preferite il tentativo delirante di voler espandere sé a coincidere col tutto della rete. Invece se la rete ha un senso esso risiede nella pluralità dei luoghi e delle connessioni, nella pluralità e nella fluidità delle connessioni, small pieces loosely joined.

Non erano pregiudizi, ora mi sento di dirlo: Facebook rema contro l’essenza della rete, non fa per me. Magari cambierà, ma per ora, sorry, me ne vado.

In effetti io ci sono dentro da un paio di mesi, ma lo uso ancora meno di Antonio, e solo passivamente in pratica.
Perche’ il valore che io do’ a Facebook, le attivita’ e le discussioni che creo, sono si tematiche tra una cerchia di amici, ma poi rimangono chiuse in un walled garden…

Esattamente l’opposto della Rete: concordo in pieno.
L’opposto del Web, e l’opposto di quello che si sta creando con il Semantic Web: l’interazione e l’apertura del Web di Dati senza isole chiuse e non connesse con il resto.

Un piu’ semplice modo di gestione del valore, forse quello di Facebook: ma non certo che migliori la nostra vita in Rete.
A medio e lungo termine.
La cosa che e’ piu’ utile in Facebook, e’ proprio la gestione verticale delle necessita’ ( eventi, discussioni, compleanni etc.).

Un cosa che ancora manca, con quel dettaglio, a livello del Web aperto. Quello loosed joined per capirci .)
Ma ci stiamo avvicinando e ci stiamo lavorando.
Qual’e’ la direzione migliore, a questo punto ?

Credo che sappiamo tutti la risposta.

Per non parlare della solita questione: l’identita’ che creo all’interno di Facebook ( relazioni, reputazione, e dettagli personali ), a chi appartiene? Forse non e’ nostra, forse non dobbiamo ricreare noi stessi in un ambiente aperto, che cresca ed evolva nel tempo, o dobbiamo ad ogni rete sociale ripartire sempre da zero? Possibile? .(

Grazie Antonio, per la chiarezza della posizione .) Ti appoggio in pieno, e i motivi sono chiari.

( non parliamo del discorso della pubblicita’ citata da Gaspar, perche’ sarebbe un gioco al massacro )

Tra l’altro, e’ proprio uno dei principi alla base di Internet, e poi del Web, che si sta trascurando: aggiungere complessita’ agli estremi, e non nel sistema.

Uno spunto interessante:
-> A World-Wide Semantic Social Network

First a word on social networks: iIf you read my weblog regularly you’re probably aware that I’m not a fan of the closed, proprietary social networks that are in use now. Instead, I believe that social networks should be a loosely-coupled, organic collection of individual and business Web sites that form a social network. The missing piece, I think is the semantic Web part–a data layer that can extract structured data from the member sites.

L’etica della Rete non e’ solo nello strumento, e’ nelle persone e nella loro consapevolezza, come molte altre cose .)

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Matteo Brunati

Attivista Open Data prima, studioso di Civic Hacking e dell’importanza del ruolo delle comunità in seguito, vengo dalle scienze dell’informazione, dove ho scoperto il Software libero e l’Open Source, il Semantic Web e la filosofia che guida lo sviluppo degli standard del World Wide Web e ne sono rimasto affascinato.
Il lavoro (dal 2018 in poi) mi ha portato ad occuparmi di Legal Tech, di Cyber Security e di Compliance, ambiti fortemente connessi l’uno all’altro e decisamente sfidanti.


Compliance Specialist SpazioDati
Appassionato #CivicHackingIT


Trento