Piccole cose che fanno pensare...
Guardando la raccolta di spunti che il caro Danny ha ricominciato a fare con maggiore regolarita’ ( adesso lavora per Talis, per chi non lo sapesse ), emerge sicuramente una cosa: si stanno muovendo diverse pedine nella grande scacchiera del Semantic Web…
-> This Week’s Semantic Web
E si stanno aggiungendo sempre nuovi pezzi… ( tra cui anche Microsoft, che citavo qc giorno fa… )
E’ l’anno giusto, per verificare con mano quanto queste tecnologie ci possano semplificare la vita.
Mi mettero’ anche in prima persona, sempre piu’ a verificarlo anch’io, all’interno di FullOut, e vedremo cosa ne viene fuori.
La cosa certa e’ che sto vivendo la divisione sempre piu’ netta delle persone che vivono il flusso informativo e che seguono certe tematiche ( magari avanzate, certo ) e che ne stanno aiutando anche l’evoluzione e il completamento, mentre rimane sempre piu’ tagliato fuori il blocco di persone che sono fuori del flusso.
Vuoi per competenze, vuoi per mancanza di tempo, vuoi per tutta una serie di motivi, non ultimo il digital divide ( in questo senso, qualcosa si fara’ assieme anche agli altri due moschettieri probabilmente, con il tema m.a.n. at work… )
Con le prime che hanno una crescita esponenziale di consapevolezza, azzardo io.
Proprio per questo vorrei confrontarmi sempre piu’ sull’approccio giusto da tenere per spiegare il reale valore aggiunto del corretto uso di certi strumenti e di certe tecnologie.
Propongo una piccola sintesi di quello che ho letto recentemente, e che unisco per chiarire la potenzialita’ che abbiamo davanti…
Una piccola sintesi dal flusso
Riprendo un paio di fili, che ho visto dipanarsi in questi giorni…
Parto dallo scritto di Sergio, che riprende anche le parole di Luca De Biase in parte, soprattutto in questo inno alla messa in gioco collettiva, di presa di coscienza dell’importanza di essere Noi, con gli strumenti adeguati che abbiamo e fare quello che siamo finalmente, Persone.
E se infine fossi, come del resto sono, uno dei tanti blogger insignificanti che raccontano quello che gli gira intorno annotandolo sulle pagine del proprio siterello personale, me ne infischierei del numero dei miei lettori e non proverei alcuna invidia per le - orrida parola, triste concetto - blogstar e non mi lamenterei delle gerarchie fittizie, perché lo scopo è tutto quanto lì, in quelle parole composte e condivise il più delle volte con spirito gratuito: esistere, ragionare, offrire competenze, dialogare, collaborare, leggere il mondo attraverso altri sguardi.
In poche parole, rimettere in movimento le fondamenta della società a partire dal proprio ombelico. E poi stare a vedere che cosa succede. Non mi sembra un’opportunità da poco.
Mentre Luca diceva, e lo avevo gia’ citato, questo:
Influire, mediaticamente, significa condizionare l’agenda. Cioè la lista di priorità della quale la società è consapevole. E alla quale fondamentalmente aderisce. Finora l’agenda è stata in mano alla stampa e il tempo delle persone è stato in mano alla televisione. La blogosfera non ha per ora modificato quell’agenda: ne ha creata un’altra per chi vive nella blogosfera, un po’ frammentata e vagamente inconsapevole. Col rischio che le derive ideologiche la possano condizionare e frammentare ulteriormente. Ma non è detta l’ultima parola. La soluzione, in un medium fatto di persone, dipende dalle persone. Cioè da noi.
Alla fine emerge un quadro che prevede la messa in gioco diretta di tutti noi, come Persone.
Riprendendo anche il vecchio tema del farsi media, magari…
Oltre che la cara metafora degli equilibrismi…
Dalla sintesi di Federico, si scopre poi che una nuova generazione di giovani e di persone che hanno vissuto la Rete e il suo potenziale dirompente anche di crisi delle metodologie dell’apprendimento consueto e della gestione della Conoscenza, se indirizzata e seguita, puo’ davvero portare a degli orizzonti nuovi nella nostra evoluzione come genere umano.
Il problema, come emerge dall’inizio del post, e’ collegare le attuali generazioni a questi temi, e noi stessi anche, per adottarle nel miglior modo possibile e nel tempo giusto che ci si deve dedicare.
Bisogna imparare a gestire qualcosa in continuo mutamento, che ci mette in crisi a piu’ livelli.
E qui mi riallaccio a quello che dice Stefano,
Il punto, quindi, non è tanto se il web sia adatto o meno a rappresentare la conoscenza, quanto piuttosto se il nostro modo di rappresentarla (e quindi di fruirne) sia adeguato o meno ad una struttura come il Web. Non si sta qui teorizzando il primato dello strumento sull’essere umano, ma va dato atto al fatto che - disponendo di un sistema di rappresentazione della conocenza di tipo indubbiamente nuovo - sia necessario comprenderne le logiche per sfruttarlo al meglio.
Con il Web, e più in generale con le strutture ipermediali, cambia la struttura intrinseca di rappresentazione della conoscenza e ciò non può non entrare in relazione con la nostra capacità di fruirne.
Utilizzo e apprendimento, in un connubio interessante.
Nel mio personalissimo campo, un approccio diverso a modalita’ consolidate di gestione progetti a tutto tondo, lo stiamo mettendo in pratica…
E’ tempo di sperimentare e portare alla massima potenzialita’ quello che la Rete ci sta insegnando, verso sempre una maggiore consapevolezza della Web Science.